Sei casi per Lorenzo La Marca by Santo Piazzese;

Sei casi per Lorenzo La Marca by Santo Piazzese;

autore:Santo Piazzese; [Piazzese, Santo]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788838945816
editore: edigita
pubblicato: 2023-07-02T22:00:00+00:00


Ballata della lucciola e di Maria Walewska

«Allora il Signore Dio disse al serpente: poiché tu hai fatto questo, sii tu maledetto più di tutto il bestiame e più di tutte le bestie selvatiche; sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita. Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno».

Così ci aveva letto la signora Grazia. E poi:

«Genesi 3,14-15» aveva aggiunto.

Sarà per questo? Sarà colpa del Genesi, se i rettili mi fanno proprio ribrezzo? La storia del serpente che avrebbe insidiato il calcagno della stirpe cui non mi dispiaceva di appartenere, a me deve avere insidiato, se non il calcagno, per lo meno una piccola parte dell’infanzia. L’infanzia estiva, come minimo; per quanto libera e selvaggia possa essere stata. Almeno nella memoria.

La signora Grazia era la nonna di Salvatore, mio compagno di scorribande infantili durante le vacanze, e ci infliggeva brani scelti delle Scritture – scelti da lei, beninteso – senza neanche l’alibi di essere protestante, mormone o testimone di Geova.

Infatti le sarebbe piaciuto infliggerci pure la recita vespertina del rosario. Ma noi, fiutata l’aria, ce la battevamo regolarmente tra gli scogli di arenaria, per gli ultimi tuffi della giornata, con la luce del tramonto che sfiorava l’acqua rendendola quasi fosforescente. Alla fine, quando emergevi dal Tirreno Meridionale ti sentivi in comunione con l’universo. Una sensazione appagante. Tanto più che lo facevamo di nascosto. I grandi ci avrebbero fatti neri, se se ne fossero accorti. I pericoli del buio imminente, ci martellavano nelle orecchie. I pescatori di frodo, che stordivano il pesce a colpi di dinamite. Le barche da pesca che rientravano e avrebbero rischiato di schiantarci contro i fondali bassi con la chiglia. E le altre balle di contorno.

Per la verità, sotto la chiglia di una barca avevo rischiato di finirci spesso, e una volta c’ero finito per davvero. Me l’ero cavata per un pelo, con un graffio profondo sul torace, solo perché ero magro assai. Ma non l’ho mai detto, in famiglia; nemmeno a Maruzza, mia sorella. Figurarsi. Avrei rischiato gli arresti domiciliari estivi, sotto la sorveglianza occhiuta della zia Carolina, che pure aveva un debole per il sottoscritto.

Ma questa, come si dice, è un’altra storia. Però serve a introdurre il tema. Cioè il mio ribrezzo tuttora persistente per i rettili. Tartarughe, camaleonti, gechi e lucertole esclusi.

La signora Grazia doveva averlo intuito, che esisteva una forte inimicizia anche tra quelle bestiacce e il sottoscritto, e da vecchia sadica quale all’epoca ritenevo che fosse, ci dava dentro con le storiacce di serpenti.

Lei e suo marito, il nonno di Salvatore, erano reduci dalla Libia, la quarta sponda, dove a suo tempo si erano conquistati il loro pezzo di terra al sole; e lei non faceva che parlare di Bengasi, con gli occhi appannati dalla nostalgia, perché poi li avevano rimpatriati. Una volta mi aveva pure raccontato del serpente che aveva morsicato il



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